Maggio 2020

intervento di messa in sicurezza delle facciate di palazzo Levi - de'micheli

Firenze, Lungarno Amerigo Vespucci 20- 22- 24 e via Melegnano 1- 3

Direzione lavori: LeoMar1 s.t.p. di Cappuccioni e Alfieri S.r.l.
Ditta appaltatrice: Grassi Nesi Restauri Srls
Committenza: LeoMar1 s.t.p. di Cappuccioni e Alfieri S.r.l.

cenni storici

Il palazzo fu edificato prima del 1878 (quando fu illustrato su “Ricordi di Architettura”) su progetto dell’architetto Enrico Presenti (morto nel 1872) e committenza del banchiere barone Angelo Adolfo Levi. Qualificato da un elegante motivo a serliana impostato su un doppio ordine architettonico nel settore centrale, si sviluppava originariamente su sette assi e aveva su ambedue i lati un giardino perimetrato da cancellate (non aperta ancora l’attuale via Melegnano). Tra il 1900 e il 1902, come attesta una varia documentazione conservata presso l’archivio storico del Comune di Firenze, l’edificio fu interessato da lavori tesi ad ampliare la residenza sui due spazi liberi di pertinenza, condotti su progetto dell’architetto e ingegnere Vincenzo Micheli, fino a raggiungere gli attuali undici assi. L’intervento portò d’altra parte a rileggere l’intero fronte, in perfetta mimesi con il progetto originario, moltiplicando il tema delle serliane, prolungando il fregio sotto gronda, ampliando i balconi, aprendo due nuovi portoni a fiancheggiare l’ingresso principale, e infine riproponendo il bozzato angolare che già profilava il precedente edificio. “Vi sono riuniti, con molta coerenza stilistica, molteplici elementi culturali e formali tipici dell’eclettismo. Sono da notare al piano terreno il bozzato di ascendenza toscana; le finestre a tabernacolo di gusto sangallesco al primo piano; quelle del secondo piano (come anche quelle del piano terreno) con cornici su mensolette di ricordo marcatamente cinquecentesco” (Pietrogrande 1994). Negli anni successivi la proprietà passò per via ereditaria ai Geddes da Filicaia e, nel 1924, ai De Micheli. Su via Melegano è da segnalare, al numero 3, il bel cancello in ghisa realizzato dalla fonderia Lorenzetti di Pistoia, d’accesso a quelle che un tempo erano le rimesse (in parte realizzate con strutture sempre in ghisa) e le scuderie. Nel 1970 il palazzo è stato interessato da un restauro della facciata (rifacimento dell’intonaco deteriorato e lavaggio del bozzato basamentale in pietra e degli ulteriori elementi lapidei) su progetto del geometra Antonio Giachi, premiato dalla Fondazione Giulio Marchi nel 1971. Una fotografia della sua originaria configurazione è nel repertorio di Bargellini e Guarnieri (1978).

Fonte repertorio delle architetture civili di Firenze a cura di Claudio Paolini

Lavorazioni di pulitura facciata in pietra

Tutte le superfici lapidee che costituiscono le facciate del Palazzo sono state verniciate con colori idrorepellenti che stanno accelerando in modo repentino il degrado materico e strutturale delle membrature architettoniche. Dalla campagna diagnostica comunque emergeranno dati necessari per una pulitura calibrata. Le metodologie scelte tengono conto della situazione complessa del Palazzo, sia dal punto di vista conservativo, sia dal punto di vista logistico e di impatto sulla città.

Nello specifico i criteri adottati sono i seguenti:

  1. Indicazioni degli Organismi di Controllo competenti (Soprintendenza) e dei princìpi generali di restauro conservativo, che mira alla gradualità, selettività e minima invasività delle operazioni.
  2. Il Palazzo sorge sulla riva dell’arno, al centro dei principali edifici storici della Firenze capitale e di flusso turistico, con tutte le problematiche legate all’impatto dei lavori di restauro sulla città e sulle attività commerciali presenti all’interno dell’architettura stessa.
  3. La necessità di formulare un restauro realistico e sostenibile sotto tutti i punti di vista, che tenga conto delle dimensioni del palazzo, delle problematiche conservative concrete e dell’interazione con le altre lavorazioni necessarie.

Alla luce di questi aspetti, sono stati esclusi i principali metodi tradizionalmente impiegati per il descialbo e la pulitura di superfici simili, quali la microsabbiatura, gli impacchi con
supportanti “spruzzabili” con macchine intonacatrici e l’utilizzo di impianti di micronizzazione dell’acqua: questi sistemi non sono compatibili con le necessità di minimo impatto che il sito richiede.

Le metodologie scelte sono 4:

  1. Applicazione ad impacco di solvente gelificato in supportante cellulosico, con tempi variabili da 10 a 60 muniti, e successivo risciacquo meccanico a solvente.
  2. Rimozione con pennelli morbidi, previo rigonfiamento della pellicola sintetica con medium acquoso.
  3. Applicazione ad impacco di enzimi stabilizzati in dispersione acquosa gelificata, con formulazione appositamente studiata per la rimozione di sostanze acriliche e viniliche, con tempi di posa dai 30 ai 60 minuti e successivo risciacquo.
  4. Rifinitura ove necessario con apparecchiatura Laser a fibra attiva, studiata appositamente per grandi superfici.

N.B. previa rimozione dei depositi superficiali pulverolenti, quindi non coerenti con la superficie, mediante pennelli morbidi e aspiratori e successivo preconsolidamento tramite
consolidante ed eventuale bendaggio di sostegno scelto in base alle caratteristiche del degrado della pietra.

Le due tipologie di intervento sono complemetari, perchè vanno a risolvere in modo graduale e selettivo le varie problematiche conservative presenti: rimozione della vernice
sovrammessa , rimozione di croste nere sottostanti, rispetto della pietra disgregata, possibilità di intervenire a secco o con mezzi acquosi ove necessario.
Va segnalata la presenza nella porosità della pietra di aloni brunastri i quali fanno pensare ad una sostanza oleosa che potrebbe trattarsi di residui di nafta (idrocarburi) ancora presenti in grande quantità al piano terreno di molti palazzi storici del centro, che furono alluvionati nel 1966. (Visibile a occhio nudo dal marciapiede). Questa nafta andrà estratta il più possibilecon l’ausilio di impacchi tradizionali o enzimatici localizzati, purtoppo resta un problema diffuso e difficilmente eliminabile in modo completo.

Il tutto riassunto nella seguente voce:
Pulitura con formulazione a basso impatto ambientale di enzimi stabilizzati gelificati e non filmogeni, specifici per rimozione selettiva di resine sintetiche, olii siccativi, resine oleose,
esteri vinilici e acrilici e ridipinture in genere. Applicazione del prodotto mediante pennelli, spatole o rullo, con tepistica variatra tra 10 e 60 min. Risciacquo con acqua demineralizzata accompagnato da blanda azione meccanica con pennelli o foam assorbente. I tempi e le modalità di applicazione del prodotto possono subire delle variazioni sulla base della natura della patina, del manufatto, e delle condizioni atmosferiche.

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